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ottobre 07, 2011

CARNAGE, Roman Polanski

Capita d'imbattersi nel film perfetto, e di non averne quindi da scrivere granché. Perfetto perché dalla regia cristallina e semplice e misurata, perfettamente calibrata sui quattro unici personaggi che da soli basterebbero a riempir qualsiasi scena; perfetto perché tale è la sceneggiatura, che riprende la pièce teatrale di Yasmina Reza, Le dieu du carnage (il dio della carneficina), e la asciuga da qualche ampollosità dell'originale e ne amplifica (magia del cinema) la potenza, pur mantenendola meravigliosamente teatrale.
Tra un semplice prologo e una chiusa speculari ed in esterni si snoda (tra una soggiorno una cucina e un bagno - della serie, ognuno - Polanski - si arrangia come può...) - l'esile vicenda (un confronto civile tra due coppie di personaggi per appianar un fatto spiacevole relativo ai rispettivi figli, i quali hanno avuto una lite ai giardini il giorno prima, con uno dei due che ne ha riportato due denti rotti) su cui si innestano in modo assolutamente avvincente e chiaro, con una naturalezza che letteralmente "fulmina" lo spettatore, le dinamiche di convivenza civile, di relazione, di contatto fra le persone nella società.
Mirabile, più che tutto, è il modo in cui si scivola inesorabilmente in un gioco al massacro che tutto coinvolge e tutto distrugge: tra i quattro personaggi alleanze si intrecciano e si sciolgono, per poi tornarsi a stringere; naufragano etichette di bon-ton che poi riemergono, ipocrisie e aggressività si manifestano; emozioni si denudano e s'ammantano di buone intenzioni e frasi fatte; ci si mostra gli uni con gli altri i muscoli e i denti, per poi crogiolarsi cameratescamente nelle comuni miserie e banalità della via - il tutto in un balletto che, ancora, soprende per quanto è vero e profondo e per come è stato reso in modo tanto naturale, in quella che prima di tutto sarebbe nient'altro che finzione.
E una considerazione simile è ancor più al suo posto se si pensa ai quattro attori, i veri e propri gioielli dei 79' dorati di cui si compone il film. Inspiegabile il mancato riconoscimento di miglior attore/attrice (andato invece al pur bravo Michael Fassbender alias magneto-da-giovane di Jane Eyre) a uno a caso fra Jodie Foster, Kate Winslet, John C. Reilly, Christoph Waltz: quattro tipi, quattro maschere, ma al tempo stesso qualcosa di più, di molto di più; esattamente come la vita, in cui un soggetto è un personaggio ma non solo, ha determinati tic ma al tempo stesso qualcosa ha più e qualcosa in meno. Bravissimi, incredibili, tutti; e Christoph Waltz (ma dov'eri fino ad oggi???) con la sua maschera (ancora: qualcosa più di una maschera!) del Colonnello Landa di Inglorious Bastard a tirar le fila, col suo credo gelido e perfettamente consequenziario rispetto al mondo - un mondo in cui ciascuno è solo, e "la coppia è la prova più terribile che Dio possa infliggerci, la coppia e la vita di famiglia", come ha a dire invece l'altra figura maschile dei quattro, spalla e caratterista di vecchia data di numerosi film - in cui si trova a vivere, quello appunto nel "dio della carneficina".
Carnage ha tranquilla serenità e la semplicità del capolavoro: in casi come questo, l'unica analisi possibile resta la più semplice - andate a vedere questo film.
Ogni spiegazione, ogni parola, sarebbe inutile, e niente aggiungerebbe di più.

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