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aprile 27, 2011

Don Giulio diventa Papa!


Sono un Morettiano, non me ne vogliate.

Ammiro e apprezzo qualsiasi cosa faccia Moretti. Questo perchè mi son sempre sentito in sintonia con il suo modo di pensare. Non è facile andare a vedere un film e pensare questo film potrei averlo scritto io.
Habemus Papam è un film di maturazione del regista già provata con La stanza del figlio, in parte ma solo in parte non riuscita, che riapre il pensiero del regista, dopo le parentesi politiche, alla sua filosofia.
Il film mi pare diviso in due parti anche fin troppo slegate tra loro. Una  che mi piace definire morettiana, più ambientata all’interno del vaticano dove il regista attore è a contatto con i cardinali e le loro debolezze e paure e una seconda parte incentrata sul Pontefice e sui suoi dubbi.
Aldilà della trama, il film riporta Moretti a riprendere il filo conduttore di tutti i suoi film. La sua filosofia incentrata sulla solitudine.
Il tema o meglio il filo conduttore dei film di Moretti è la solitudine. la solitudine del talento più precisamente. Di chi comprende e non si riconosce nella società.
Ogni personaggio di Moretti brilla di solitudine, quella joiciana per intenderci, anche in un film dove il filo conduttore metaforico è uno sport di squadra, il personaggio nella piscina piena di atleti che giocano a palla  a nuoto, è solo.
Ed ecco che Habemus papam in questa ottica  non è altro che l’evoluzione naturale di Don Giulio, protagonista di La messa è finita (il film più bello di Moretti). Solo che lo spavento di Don Giulio di non essere adeguato al compito assunto e cioè di non riuscire ad essere capace di risolvere i problemi agli amici e parenti che ormai non riconosce più perchè cambiati e quindi di cambiare a sua volta per comprenderli,  qui assume connotati certo più importanti essendo Papa e non  prete di periferia a dubitare del proprio ruolo. E così se prima era difficile pensare di dare il consiglio giusto all’adulto che voleva fare la prima comunione o al genitore, padre, che separatosi voleva costruire una nuova famiglia, tanto da indurre Don Giulio a dubitare della sua stessa fede ed a portarlo ad attuare scelte di deresponsabilità scappando lontano in un posto “dove non c’è nessuno e la chiesa è una tenda ancorata al terreno per non essere portata via dal vento”, adesso le scelte riguardano  l‘idea stessa della esistenza delle linee guida della nostra società, vale a dire delle ideologie.
Quelle linee ideologiche con le quali la società ha creato la religione, le chiese, i partiti.
La fede nella esistenza e l'esietenza stessa di queste costruzioni sociali, chiesa compresa.
E così mentre Don Giulio chiudeva la messa con una scena bellissima dove tutti ballavano in chiesa sulle note di ritornerai ridendo nella speranza di ritrovarsi, il messaggio finale diHabemus Papam pessimista ci comunica il fallimento delle ideologie, direi di tutte e conseguentemente della nostra società.

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