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marzo 05, 2011

H. MURAKAMI, After Dark (Afutadaku)

Cosa succede after dark - dopo l'oscurità, dopo la notte, scandita dalle immagini di un orologio col quale si apre ogni capitolo e, man mano che ci avviciniamo alla fine, ogni paragrafo, a distanze sempre più ravvicinate? Perché il romanzo breve di Murakami - occhio profondamente orientale sì, ma assai influenzato dalla letteratura USA di secondo Novecento, di cui traduce i principali autori nel suo paese - è un romanzo di attesa e, casomai, di proiezione: dopo - after the dark - le vite dei protagonisti non saranno le stesse, il loro futuro sarà diverso grazie al tutto e al niente che accade in quella notte; grazie a quegli incontri, a quegli intrecci sfiorati e mai intrecciati del tutto, porzioni di umanità nella Grande Metropoli in cui ciascuno "è un tutto, e al tempo stesso un semplice pezzo [...] parte anonima di un corpo collettivo".
Va da sé che in tutto il calderone che cuoce al fuoco basso e soffuso della notte, ognuno ha la sua parte di incomunicabilità, difficoltà d'esistenza, reticenza nel relazionarsi, violenza (interiore, interiorizzata o anche espressa), e per lo più si nutre di ricordi - "combustibile per alimentare la vita [...]: è perché riesco a pescare nel cassetto tanti ricordi, uno dopo l'altro che posso continuare a modo mio a tirare avanti, anche se questa esistenza mi sembra un brutto sogno" - o resta impigliato in nodi emozionali di varia origine.
Il puro punto d'osservazione (un po' in sovrappiù e quasi fastidioso, forse, soprattutto nel parlar di sé) che conduce la trama ci porta, tutto in una notte - e la citazione landisiana si fermi giusto al titolo, perché qui tutto in una notte niente di movimentato accade - a seguire vicende molto diverse fra loro, che per caso si sfiorano, ed hanno come unico inizio ed unica fine l'arco temporale compreso fra mezzanotte e l'alba: ci sono Mari e Takahashi, Kaoru, una prostituta cinese coi relativi protettori; Eri, Korogi, Shirakawa; ciascuno con la propria porzione di vita e di non detto, ciascuno alle prese con le proprie difficoltà con l'altro da sé, difficoltà che si esprimono in modo ogni volta diverso: col lavoro estremo e qualche pericoloso e antisociale black-out di sfogo; con la fuga, col sonno letargico, con la chiusura in se stessi e la ricerca (forse) di una illusoria solitudine, con la musica.
During the dark, niente si risolve né si compie (nel senso di "accade compiutamente"); e per l'after chi lo sa, qualche seme si getta, qualche barlume si intravede, qualche emozione si rompe come una fiala e butta fuori, qualcosa resta identico e la vita prosegue (ancora una volta - mi ripeterò - la grande lezione di Carver,
Salinger, una lezione imparata e messa in pratica molto bene: qui, al di là di qualche momento onirico un po' più orientaleggiante, e in Tutti i figli di dio danzano): né tantomeno ci si può lamentare, se accettiamo di esser condotti a veder questo spettacolo da un puro punto d'osservazione, in grado di muoversi come vuole e dove vuole, fin dentro - senza nemmeno esserne del tutto consapevole, perché un punto d'osservazione sa solo osservare - la testa della ragazza addormentata contro tutto e contro tutti.
Niente di troppo memorabile, intendiamoci; ma, se accettiamo questo gioco, da quando inizia senza motivo a quando parimenti senza motivo si conclude, tutto quel che possiamo fare è metterci in un angolo anche noi, e guardare, magari beandosi di qualche epifania, di qualche bello scambio episodico, quasi a sottolinerare che forse le relazioni tra esseri umani funzionano solo all'improvviso e per pochi attimi nuovi, come per contatto e frizione fra due apparizioni momentanee? Sia proprio questo il meglio che ci è dato, nel grande affresco entro cui ci muoviamo?
L'importante, forse, è nutrirsi di piccolezze.

- Mette solo 33 giri? - chiede Mari all'uomo.
- Non mi piacciono i cd, - risponde lui.
- Perché?
- Luccicano troppo.
- Perché, è un corvo, lei? - interviene Kaoru.
- Però i vecchi dischi danno più lavoro, - dice Mari. - Bisogna prenderli, toglierli, cambiarli...
Il barista ride.
- Be', a quest'ora di notte! Tanto fino a domani mattina non ci sono treni. A cosa mi servirebbe fare le cose di corsa?
- Quest'uomo qui è un eccentrico, sai? - dice Kaoru.
- A notte fonda, il tempo scorre a modo suo, - fa il barista strofinando un fiammifero e accendendosi una sigaretta. - Andare controcorrente non serve a nulla.

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