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ottobre 26, 2003

MYSTIC RIVER, Clint Eastwood

È passata da poco la metà del film; i due poliziotti entrano in un negozio di liquori, e interrogano il vecchio proprietario a proposito di una rapina che questi subì tempo addietro. Una pallottola bucò una bottiglia di Jack, sta raccontando lui, e rimase conficcata nello scaffale. “Un brutto spavento”, commenta il sergente. “Già, come davanti ad un bicchiere di latte” risponde il vecchietto, e sorride ammiccante. Cazzo. Mi giro verso quello che è accanto a me:
“cazzo, ma quello...”
anche lui l’ha riconosciuto:
“si… è Il Brutto…”
“ELI WALLACE!”
Che bello! Clint Eastwood fa un film, e in una particina appare come per magia Eli Wallace, Tuco, Il Brutto. Mi aspetto di vedere spuntare fuori da un momento all’altro – chessò, un passante, un agente della stradale, un cliente al negozio di liquori – Sentenza Lee Van Cleef, se non fosse che, a quel che ci ricordiamo è leggermente defunto. E Gian Maria Volonté?
“…E io… miagolavo… miagolavo  M I A G O L A V O…”
Quando ride, nonostante gli sia nevicato e tirato parecchio vento sui capelli, e c’abbia in più un pizzetto nelle stesse condizioni, per forza viene in mente di lui che addormenta i carcerieri ribelli, beffardo.
Ricordate Hulk, di questa estate? Dopo pochi minuti appare lui, Lou Ferrigno: nel fare un film sul Hulk, i produttori hanno voluto zepparci così, d’amblée, tanto per far contenti i cinefili con una citazione dotta (?), il protagonista della serie TV di tanti anni fa: e allora Lou Ferrigno fa la guardia di sorveglianza, enorme e bolso come sempre, e per farlo notare ancora di più (non poteva passare e basta?) fa un cenno da cavallo, con le dita a pistola, allo scienziato Bruce Banner (Eric Bana, ma in realtà era chiaramente Paolantoni coi capelli tinti, ahahahah).
Ok via, sarebbe questo tutto quello che ho da dire su Mystic River? Cazzo, certo che sì, è inutile dilungarsi: il film è bello, degno di un romanzo di James Ellroy, nel suo essere cupo, teso e senza (quasi, per la verità) punti deboli nella trama (al contrario, tanto per fare il primo esempio che mi passa per la testa, di Seven); degno di C’era una volta in America, nella rappresentazione e ricostruzione della parte scalcinata della città (qui) di Boston (lì, New York), e dei personaggi che la affollano (Sean Penn per l’occasione è diventato veramente enorme, e tatuato ovunque: ha la grandezza, non solo fisica a ‘sto punto, di un personaggio di Shakespeare – lui e tutta la sua corte di sgherri); degno infine della 25ma ora.
Cazzo c’entra? Non lo so; fatto sta che fin dall’inizio del film mi è venuto in mente, come per metterli a confronto, il bel film di Spike Lee, in cui furoreggia il mio idolo di sempre: Philip Seymour Hoffman (beh, che c’è? Lo è almeno da quando faceva la checca in Boogie Nights – è grandissimo!), ed in cui soprattutto, per la prima volta, il regista abbandona il solito film “ghetto-negro” arrabbiato e rancoroso per qualcosa di più maturo e sfumato (anche se, a ben vedere poi ci ricade: “e voi negri del cazzo che passate le giornate a giocare a pallacanestro, sempre a chiamarvi infrazione di passi, ecc ecc. Sveglia belli! La schiavitù è finita cento anni fa!”, o giù di lì, vado a memoria… alé! Questa la parte che tocca ai suoi FRATELLI nella lunga – e bella peraltro, almeno secondo me – invettiva che il protagonista fa, passando in rassegna con una rabbia molto spikelee tutte le razze che affollano NY: compatimento e male minore…)
Ma questi son problemi miei, dopotutto… si diceva di Mystic River, no? Fotografia splendida, con la scelta di rimanere su colori assai scuri (all’inizio danno quasi noia, e si vorrebbe avere per le mani un telecomando – contrasto, luminosità, ecc), una certa grandezza, e, certo, alcune lungaggini che forse potevano esser tagliate: prima fra tutte la gratuita (e che cazzo c’entrava? Fellini? Come la si giustifica?) parata conclusiva (chiaro, facendo rimanere ASSOLUTAMENTE la scena finale, in camera, fra Sean Penn e la moglie, che è qualcosa che da sola basterebbe a rialzare qualsiasi film – come non lo so… ma che cazzo, il regista sono io?), ma tutto sommato, e in attesa di “Piano Blues”, beh… questo è tutt’altro che un pessimo assaggio! Perché, già… Clint Eastwood, oltre ad essere il Texano dagli occhi di ghiaccio, il senatore, politico in generale, ecc, è anche un musicista (tra l’altro, qui, firma la colonna sonora), e col prossimo (spero esca presto: forse, fratelli Coen a parte, è il film che aspetto di più, ultimamente) film renderà omaggio alla musica con cui è cresciuto. Ricordando magari Bird. No, tanto per dire...
Visto? non mi sono dilungato mica tanto...

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