Visite

maggio 20, 2011

D. MEANS, Episodi incendiari assortiti (Assorted Fire Events)

Raccolta di racconti esile nelle dimensioni quanto densissima nei contenuti, questo lavoro dello scrittore statunitense David Means (il suo primo pubblicato in Italia) ha in sé tutta la desolazione del Midwest americano – quell'esser sempre un po' a metà di tutto, né carne né pesce, sempre in una condizione media e mediocre, con un paesaggio che nulla ha di seducente e molto del disturbante (senza esser terrificante o apocalittico: semplicemente spiacevole, o un po' deforme), quel senso di "vorrei ma non posso", né di provincia né di centro del mondo, che è sempre a un passo ma è sempre irraggiungibile, pura mèta a cui tendere invano - desolazione cui peraltro molti altri ci hanno abituato, e molto, molto di nuovo. Può certo piacere o non piacere, ma a livello formale la capacità di Means di spostarsi, spostare il punto di vista, movimentare il tempo, soprattutto giocare con i processi mentali che si ingenerano a partire da, è incredibile, e certo lo fa apparire come nessun altro. È, credo, uno stile profondamente unico e personale, per la cui buona riuscita è fondamentale anzitutto l'aver compreso (da parte dell'autore) il fatto che questo genere di densità e contorsione può riuscire solo entro lo spazio del racconto, meglio se breve o comunque non troppo lungo. Altrimenti si scivola nel manierismo e nella contorsione fine a se stessa, col povero lettore che si arrabatta invano a stendere il filo, a sciogliere i nodi, a scoprire (inutili) enigmi, magari risalendo a ricostruire una catena di eventi per poi scoprire addirittura che l'epilogo è del tutto immaginario e ipotetico, come perduto o secondario (Incidente ferroviario - Agosto 1995, o anche I travagli della vedova, La presa). Ciò perché spesso il filo si nasconde, ed anche nudi fatti di cronaca o genericamente familiar-autobiografici hanno questa impronta (Quello che fecero, uno dei pezzi migliori della raccolta, Episodi incendiari assortiti, Il cacciatore di gesti); ma siamo sempre rassicurati dal fatto che non un'asciutta vicenda o concatenamento di eventi conta (per questo è fondamentale la durata del pezzo, il respiro della pagina), quanto il descrivere ciò che questi eventi muovono nella figura del protagonista, nella sua mente. Al centro dei racconti di Means c'è sempre una figura singola – soprattutto: sola – e i suoi processi mentali, siano questi ricordi, suggestioni, idee, possibilità; tutti quanti mossi tra passato presente e futuro, e in base ad un qualcosa che si sta svolgendo al di fuori. In definitiva, è la scrittura la protagonista assoluta (ad un certo punto della raccolta, in un breve racconto, a titolo Quello che spero io, a prender la parola è proprio l'autore in prima persona, intavolando un dialogo con la scrittura, in un gioco di rimandi che diventa scrittura sulla scrittura, meta-narrazione), e la libertà con cui la mente procede e si fa parola scritta. Si va avanti non con una consequenzialità puramente narrativa, bensì ad illuminazioni poetiche, improvvise, squarci tristi o nostalgici. Va da sé che la raccolta non può, per sua natura, essere uniforme o di livello costante; tuttavia determinati passi, determinati momenti colgono nel segno, e a fronte di una lettura tutto sommato “difficile”, rimangono meravigliosi barlumi e pesanti perle (tra cui si segnala in particolare Il lamento di Sleeping Bear).
Il piccolo volume ha suscitato enormi consensi in USA, e Means è stato inserito - senz'altro a ragione - tra i migliori scrittori statunitensi del nuovo millennio; quantomeno tra questi uno dei più originali. In Italia non ha forse riscosso lo stesso successo di altri di quest'ultima generazione (Saunders, Lethem, per tacer del compianto David Foster Wallace) e solo tre anni dopo è stata fatta uscire (per altro editore) la sua nuova raccolta, dal titolo Il pesce rosso segreto (The secret Goldfish) che più o meno ricalca gli schemi e gli stili della precedente. Comune un po' a tutti gli scrittori "made in Usa" di ultima generazione è la ricerca di un'originalità tematica e stilistica (Saunders ad esempio fa dello humor la sua arma di ricerca), ma in Means il discorso è ancora diverso: c'è una specie di partecipazione dolorosa, qualcosa che è come se toccasse nel profondo l'autore prima di tutto... una specie di poesia in forma di racconto, una tangibile forma di coinvolgimento personale.

Nessun commento: