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febbraio 26, 2011

Once more... Il fantasmagorico cinema italiano

Ci sarebbero molte domande che una persona sana di mente si può porre scorrendo i titoli che regolarmente sforna il cinema italiano: come mai si finisca sempre a raccontare scipite storielle di adolescenti (ribelli, innamorati, appiccicosi, fastidiosi, limitati); perché ci sia sempre bisogno di prendere una disgrazia familiare vera o immaginata e adagiarci sopra un bel drammone lacrimoso e svenevole; per quale motivo si sia così prodighi nel conceder libero cimento a divi & divette televisive con parti e copioni che della gloriosa - ma, anche qui: ok rispetto e deferenza, ma ci si potrà pur aggiornare, il mondo va anche avanti... - commedia all'italiana non hanno mantenuto nemmeno un odore lontano, e tutt'al più servono agli odierni protagonisti come banalissimo fondo per replicare le macchiette che ci propinano in tv.
E ancora: perché l'amore o il sentimento siano sempre squadernati e dozzinali, perché gli intrecci così poveri; da dove ci venga questa banalità di fiction a oltranza, sempre con le stesse quattro o cinque facce - quello bello, quella bella, il tenebroso, la nevrotica, il piacione, e via pedalare.
Ci si chiede perché, in definitiva, ci sia sempre quest'aria stantìa, questa miseria di fondo, sia di mezzi che di temi che di facce.
E ciò non basta: perché tutto si deve anche ripetere, senza misura e senza limite: Manuale d'amore tre quattro cinque e sei; Maschi contro Femmine (andata) e Femmine Contro Maschi (ritorno - chi ha vinto?); per tacere del fenomeno tutto nostrano del cinepanettone, in nome del quale, sotto le feste si deve ridere perché si è spensierati e ci si può (deve) rilassare.
E quando si toccano i tasti dell'impegno! Si arriva a rimpiangere la tundra piatta e sconfinata dell'evasione: in questo caso, ecco allora l'invasione dei ricordi d'infanzia (Fellini docet - ma Fellini era Fellini; voi non siete un cazzo, direbbe il buon Marchese), memorie del tempo del fascio, altri complessi ma inutili scavi psicologici col tema dell'omosessualità buttato là, che - si sa - fa tanto intellettuale.
E quando qualcosa finalmente esce, ce lo promuoviamo in grande stile - squilli di tromba; ci si canta e ci si suona, tutti attenti al proprio campanile come siamo: interviste nei tiggì, comparsate in questo e quel programma, pubblicità e servizi vari, ed ancora altre interviste nei tiggiuno due tre quattro cinque e sei. E lo speciale di Verissimo, prendi incarta e porta a casa.
All'estero ci snobbano? Maccheccafoni!

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